Alla fine a Bruxelles ieri è accaduto quello che molti temevano. L’Europa ha mostrato al mondo la totale assenza di una seppur minima linea politica unitaria da parte delle istituzioni che la governano. Le divisioni tra i diversi Paesi appaiono così sempre più dettate da interessi ed egoismi nazionali, che di volta in volta vengono spacciati sotto le categorie della sicurezza, dell’emergenza sanitaria, delle radici cristiane. Gli stop and go sulle possibili linee di intervento per gestire la situazione – 160.000 profughi da redistribuire, 120.000, anzi no, 40.000 – rendono approssimative, nel migliore dei casi, e comunque non credibili le ipotesi avanzate dai leader europei e dai vertici dell’Unione.

Nei fatti, l’Europa e i suoi governanti si stanno dimostrando del tutto inadeguati a far fronte a un fenomeno enorme, drammatico, eppure largamente previsto.
Non ci si può continuare a illudere. Qualcuno ha sperato che il leader carismatico in grado di convincere la maggioranza dei Paesi di una soluzione sensata e condivisa potesse essere la Cancelliera tedesca. L’apertura all’accoglienza sul suolo tedesco di tutti i profughi siriani ha fatto sperare che, dopo la Germania, altri Paesi avrebbero poco alla volta modificato le proprie politiche di asilo, in deroga al nefasto regolamento di Dublino. È accaduto tutt’altro. La Cancelliera, che è alla guida di un Paese realmente federale, ha dovuto fare i conti con i diversi Länder, a cominciare dalla cattolica Baviera sul confine meridionale con l’Austria. I controlli alle frontiere, i muri di polizia, la politica perseguita con coerenza dal governo ungherese, che è ormai andato oltre ogni possibile tolleranza da parte di un’Unione di governi democratici, hanno messo in evidenza non solo e non tanto le difficoltà dell’Europa, quanto la sua impotenza politica. Un’impotenza che rappresenta un regalo per tutti i populismi. 

L’Europa che ha vacillato pericolosamente sotto gli effetti della crisi economica mondiale e che con la crisi greca ha visto mettere a repentaglio i suoi stessi principi di unione economica e monetaria è ora alle prese con un evento esterno sotto i cui colpi sembra non sapere resistere, reagendo in maniera schizofrenica. Sul fronte interno – quello dell’Europa che non sa e non vuole accogliere – per ora ne fa le spese la solidità del trattato di Schengen, sotto il quale molti di noi si sono sentiti per la prima volta cittadini europei. Ma è solo l’inizio di un percorso straordinariamente difficile di cui non conosciamo che alcuni, possibili ostacoli e conseguenze. Sul fronte esterno, quello di chi fugge per cercare rifugio e accoglienza nel vecchio e ricco continente, gli effetti sono ogni giorno sotto gli occhi di tutti, o almeno di chi vuole vedere. A cominciare dagli oltre 4.000 morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. L’immagine del piccolo siriano sulla spiaggia turca ha commosso profondamente tutti, anche i leader. Ma oggi sembra essere già una foto sbiadita sotto il sole di Bodrum.