A chi giova il separatismo? Nonostante la situazione a Kiev sia ormai calma, l’Ucraina è turbata dall’invasione della Crimea e dal timore che Putin non voglia fermarsi. I media riportano allarmanti notizie dalle regioni orientali, nelle quali poche migliaia di persone, forse con la connivenza delle autorità locali, hanno preso possesso di alcuni palazzi istituzionali. Il fatto che i sondaggi confermino che solo una minoranza della popolazione vedrebbe di buon occhio un’annessione alla Russia non tranquillizza nessuno: tutti sanno che nel referendum farsa in Crimea ha votato a favore dell’annessione un numero maggiore di quello degli stessi abitanti di Sebastopoli. Lo stesso potrebbe succedere nel Donbas. Non v’è dubbio che i disordini siano stati fomentati da agenti russi e che abbiano avuto successo solo grazie alla connivenza dei poteri locali: a Kharkiv, dove le istituzioni sono state compatte, il separatismo non ha attecchito. Rinat Achmetov, uomo più ricco dell’Ucraina e che si pensava avesse un accordo segreto con Putin, si è recentemente incontrato con il premier Jatsenjuk e ha dichiarato di essere contrario al separatismo. La soluzione che si cerca è forse quella di una Repubblica federale in cui le regioni orientali ucraine possano orbitare attorno agli interessi russi. “Uomini verdi” (così erano chiamati i soldati russi senza mostrine in Crimea) hanno aiutato i filorussi a occupare alcune stazioni della polizia nella regione di Donec’k e in queste ore un’azione antiterroristica sta cercando di catturare i membri di queste squadre dotate di armi da guerra. Il pericolo che il conflitto possa estendersi è quindi ancora alto.

Colpisce fortemente un diffuso senso di scoraggiamento: mentre i media sono invasi dalle notizie provenienti dall’Est, nella capitale Parlamento e governo prendono decisioni. Alcune sembrano ottime, come la nomina dello storico Volodymyr V’jatrovyč a direttore dell’Istituto di memoria nazionale, che vorrebbe avviare uno studio per la lustracija (epurazione) dei criminali sovietici e post-sovietici dalle cariche statuali. Ma nell’attuale clima di austerità, l’Istituto potrà mai ricevere i finanziamenti di cui necessita? E il nuovo direttore sarà forte abbastanza da proporre, per esempio, l’esclusione dalle cariche degli ex dirigenti della Gioventù Comunista, fra i quali c’è anche l’attuale presidente provvisorio Turčynov che l’ha nominato?

Altre decisioni sostano invece qualche sospetto: il Paese è guidato dal partito della Tymošenko, un assetto che quasi sicuramente cambierà dopo l’elezione del nuovo presidente. La legge sull’epurazione dei giudici, oppure la decisione di non aumentare i seggi per gli ucraini residenti all’estero, sono state prese di soppiatto, coperte dal clamore del separatismo, mentre avrebbero richiesto maggiore attenzione e un ampio dibattito. La candidata alle presidenziali del Majdan è Ol’ha Bohomolec’, leader morale della “Centuria medica”, l’organizzazione sanitaria delle proteste. Di antica famiglia nobiliare, la Bohomolec’ è l’ultima rappresentante di una dinastia di medici e direttrice del centro di Dermatologia intitolato al padre: attiva nella vita sociale del Paese, ha promosso una campagna contro i tumori della pelle e restaurato il castello di Radomysl’, poco lontano da Kiev, trasformandolo in museo ove è esposta la sua ricca collezione di icone. I sondaggi la collocano fra il 3 e il 5% e senza l’aiuto dei mezzi d’informazione ha poche speranze di veder crescere i suoi consensi.

Proprietario di canali televisivi e di giornali è invece il candidato con maggiori possibilità di vincere alle presidenziali: Petro Porošenko, re del cioccolato ucraino. Egli è stato uno degli animatori principali del Majdan, ma è anche un oligarca, in passato alleato di Yanukovyč, e ora in cerca di un accordo con la Tymošenko, con la quale preferirebbe evitare uno scontro. Il rischio di “gattopardismo” è perciò avvertito da tutti e costituisce la ragione principale della disillusione che caratterizza l’umore degli ucraini in questi giorni.