Grande soirée. Dev’essere stata una settimana di grandi festeggiamenti per il coach della nazionale di rugby irlandese, Joseph “Joe” Schmidt. Prima la vittoria fuori casa contro la Francia e la conquista del suo primo “Sei Nazioni”, il 14 marzo. Poi la festa nazionale irlandese il 17, San Patrizio (con le tradizionali libagioni). Infine, il personale onomastico il 19 marzo, che naturalmente nell’isola verde festeggia Saint Joseph.

Anche se non proprio Saint, il buon Schmidt è certamente stato accolto all’aeroporto assieme a tutta la squadra al ritorno da Parigi come un condottiero alla guida di un manipolo di eroi che ha riportato la coppa nella terra del trifoglio dopo cinque anni di digiuno. L’ultimo titolo risaliva infatti al 2009, che a sua volta arrivava dopo ben ventiquattro anni di assenza e dopo molti tornei terminati al secondo posto, spesso alle spalle dell’odiata Inghilterra. Dall’ingresso dell’Italia nel 2000, questa è la seconda vittoria irlandese in quello che era prima chiamato “Cinque Nazioni”, un torneo nato come Home Championship annuale tra Inghilterra, Scozia, Galles e appunto Irlanda nel 1883, e che con l’inclusione della Francia nel 1910 ha cambiato nome ma non formula.

Lo Stade de France si era preparato la sera di sabato 14 marzo a festeggiare i bleus, confidando in una facile vittoria dei loro idoli simboleggiati dal colosso Mathieu Bastareaud , 190cm per 120kg. La squadra dei bravi O’Donnell, O’Driscoll, D’Arcy e Sexton – il mediano d’apertura recordman del torneo con 4 mete e 66 punti realizzati – è però riuscita a porre un argine alla compagine francese, anche rischiando di perdere all’ultimo minuto con una meta annullata ai francesi per passaggio di mano in avanti: un errore d’ingenuità dettato dalla concitazione, poiché nel rugby i passaggi di mano possono avvenire in parallelo o all’indietro, mentre invece in avanti è consentito solo calciare.

Una volta tanto il 22-20 finale riflette in modo fedele l’andamento della partita e premia giustamente il “quindici” dell’isola verde, che si è battuto lungo tutto il torneo con caparbietà vincendo quattro partite su cinque, e con uno spirito di squadra che è andato al di là dei soliti campanilismi. Il coach straniero, quel neozelandese di Schmidt, è riuscito comunque a collezionare critiche perché evidentemente non ha prestato attenzione al bilanciamento dei selezionati tra le quattro grandi province irlandesi di Leinster, Munster, Ulster e Connacht. È stato infatti accusato di aver pescato troppo dal Leinster, provincia cui appartiene tra l’altro il Leinster Rugby, la squadra che fino a un anno fa allenava, e troppo poco dalle altre.

Si è difeso invocando la libertà di scelta sua e dei suoi collaboratori e ricordando che comunque un team è “nazionale” anche se le provenienze non sono omogenee, e che loro “si occupano solamente di selezionare la squadra nazionale irlandese, e penso che se la gente viene distratta dai provincialismi questo certamente non è accaduto all’interno del gruppo”. Una lezione di stile che forse sarebbe bello sentir dire anche da queste parti.

È stato un degno finale anche per il giocatore simbolo, il tre quarti centro Brian O’Driscoll, che dopo aver deciso di continuare ancora un anno oltre il previsto ritiro del 2013 con questa meritata vittoria chiude a 35 anni la sua carriera, stabilendo il record di presenze in nazionale (133) e di mete realizzate nel Sei Nazioni (26). Tutto ciò, mentre il premier Enda Kenny negli stessi giorni si trovava negli Stati Uniti per il tradizionale tour di San Patrizio in visita agli irlandesi d’America e riceveva i complimenti di Obama per il lavoro svolto specialmente in ambito economico.

Alla bella serie di iniezioni di fiducia per un paese che era sull’orlo del baratro solo qualche anno fa si aggiunge anche il pubblico elogio di Angela Merkel per esserne così prontamente uscito, durante il suo discorso al recente congresso dei Popolari europei tenutosi a Dublino. Forse la tigre torna a ruggire.