Il peso del "fattore anti-Merkel". Quanto ha pesato il “fattore Berlino” sulle elezioni politiche italiane? Un ruolo importante la Germania di Angela Merkel l’ha avuto sicuramente e sin dalle prime battute della campagna elettorale, quando Silvio Berlusconi, criticando Monti di aver “seguito una politica troppo germano-centrica”, definì lo spread “un imbroglio […] che è salito quando la Germania ha deciso di fare una cosa nel suo interesse, ordinando di vendere i titoli italiani”. A partire da questa impostazione “anti-Monti” e “anti-Merkel” Berlusconi ha di fatto basato tutta la sua campagna elettorale sul tentativo di accreditarsi come il leader politico più determinato a ribellarsi alla presunta sudditanza dell’Italia nei confronti della Germania della Cancelliera (additata da più parti come la vera responsabile dei mali nostrani), dallo spread all’Imu. Le promesse di ridurre la pressione fiscale e di restituire la tassa sulla prima casa e, indirettamente, anche la prospettiva di una maggiore conflittualità politica con la Germania di Angel Merkel sono state, almeno in parte, premiate dagli elettori, che hanno così consentito al Cavaliere una sorprendente, anche se incompiuta, rimonta.

Il discorso opposto va fatto per Monti, il cui tentativo di sfruttare elettoralmente il notevole prestigio e i grandi consensi di cui gode all’estero e soprattutto in Germania si è rivelato un flop. Di questo avviso è anche Tobias Piller, l’attuale presidente dell’Associazione della stampa estera in Italia, nonché corrispondente tedesco a Roma per la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, che ha definito la campagna elettorale del “professore sfortunato” un “fiasco”. Particolarmente severo è il giudizio di Piller sul presunto tentativo di Monti di strumentalizzare la sua affinità con la Merkel per screditare la coalizione di centrosinistra. La frase attribuita a Monti sui presunti timori della Cancelliera nei confronti di un possibile governo Bersani-Vendola ha infatti finito per rivelarsi un boomerang. Non solo Monti è stato smentito da Berlino qualche ora dopo, ma con quella dichiarazione ha finito per rafforzare negli elettori animati da populisti e popolari sentimenti antitedeschi la convinzione che egli fosse davvero il portavoce della Merkel.

Altrettanto maldestro è apparso, del resto, il tentativo di Bersani di accreditarsi a Berlino quale probabile futuro premier italiano, durante il discorso davanti alla Dgap, salvo poi cercare, solo quattro giorni dopo, di sfruttare anch’egli l’impopolarità della politica di rigore, definendo l’accordo raggiunto da Monti sul bilancio dell’Ue una “vittoria di Pirro”.

Chi non ha mai nominato la Merkel in campagna elettorale è stato Grillo, il quale tuttavia non ha nemmeno fatto mistero di avere una visione dell’Europa alternativa a quella della Cancelliera, definendo più volte l’euro una “truffa”.

D’altra parte, se il fattore anti-Merkel è stato premiato, ciò è dovuto anche al fatto che il mondo politico tedesco, a dispetto delle dichiarazioni rilasciate dal ministro degli Esteri Westerwelle sull’indisponibilità della Germania a farsi coinvolgere in una campagna elettorale populista, non si è affatto astenuto dall’esprimere le proprie preferenze e soprattutto le proprie preoccupazioni, né prima, né soprattutto dopo l’esito elettorale. Del tutto fuori luogo è stato giudicato dal presidente Giorgio Napolitano il commento di Peer Steinbrück che si è detto “inorridito dalla vittoria di due clown”, al punto da vedersi costretto ad annullare l’incontro programmato da tempo con l’aspirante cancelliere socialdemocratico e a pronunciare la dura frase: “Noi rispettiamo la Germania, ma esigiamo rispetto per il nostro Paese”. Come era prevedibile il leader socialdemocratico tedesco è stato immediatamente e fortemente criticato anche da alcuni esponenti del partito avversario, la Cdu.

A questo punto viene da chiedersi se, per la legge del contrappasso, alle prossime elezioni politiche tedesche previste per il settembre il “fattore Roma” peserà qualcosa, come sembrerebbe peraltro suggerire l’allarmato titolo della popolarissima “Bild-Zeitung” del 26 febbraio scorso: “Grande Confusione dopo il voto. Ora l’Italia distruggerà il nostro euro?”.