La sinistra europea continua ad attraversare una fase assai delicata. A dire il vero, come dimostra il caso greco, i risultati elettorali sono relativamente contrastanti e occorrerà attendere un poco per analizzare il reale peso della sinistra e per valutarne l’evoluzione nel corso del tempo. Ma volendosi accontentare, per il momento, di una rapida panoramica, in attesa dei dati deifinitivi dalla Grecia, si può osservare che la sinistra è riuscita a mantenere il proprio potere in Norvegia (è la prima volta in sedici anni che un governo uscente realizza una simile performance) e in Portogallo, mentre in Svezia i giochi sono lontani dall’essere chiusi e bisognerà attendere la sfida del 2010.

Al contrario, in Germania la Spd ha subito alla fine di settembre una pesante sconfitta [si veda a questo proposito la Lettera internazionale da Berlino del primo ottobre] ottenendo il suo risultato peggiore dal dopoguerra, e in Gran Bretagna, in vista dell’appuntamento elettorale di primavera, i sondaggi per il Labour danno segnali per nulla rassicuranti.

Da dove arriva, allora, il malessere così diffuso a sinistra e l’euforia del successo che sta contagiando i dirigenti e gli intellettuali della destra europea? Come spiegare l’inflazione di libri, articoli, dibattiti sulla crisi della sinistra europea, per non dire del suo declino fatale, e quelli sull’ascesa irresistibile della destra (si veda, ad esempio, il fascicolo della storica rivista francese «Le Débat» di settembre-ottobre, che contiene un intero dossier sul tema del declino della sinistra, con articoli di Raffaele Simone, Ernst Hillebrand, Giacomo Marramao e dello stesso autore di questa nota)? Se va respinta l’ipotesi di una vera e propria congettura, più o meno interessata, elaborata da parte dei politici e dei ricercatori, che mirerebbe a imporre l’idea della morte della sinistra e del perenne dominio della destra, diversi tipi di spiegazione possono però essere tentati.

Da un lato, l’impasse strategica nella quale si sono venuti a trovare i principali leader riformisti a sinistra: tale impasse si manifesta nell’esaurimento della Terza via in Gran Bretagna, nel fallimento della Grosse Koalition alla tedesca che ha penalizzato più i socialdemocratici dei conservatori, nelle esitazioni del Partito socialista francese, preda di un conflitto interiore che gli impedisce di scegliere tra un’alleanza con il centro e un’unione verso sinistra, nelle dolorose incertezze del Partito democratico italiano. Dall’altro lato, la sinistra appare oggi del tutto sfasata rispetto alle contraddittorie aspettative della società, paralizzata sulle proprie questioni interne, incapace di far crescere leader capaci di attrarre, spogliata di un progetto in grado di mobilitare, abbandonata dai propri simpatizzanti. Intanto, le risposte da parte dei suoi responsabili politici tardano a venire. Gli elettori che si sentono ancora di sinistra, attaccati a un’idea di eguaglianza e sempre più indignati per le diseguaglianze crescenti, soprattutto tra i ceti popolari si rifugiano nell’astensione, nel voto di protesta o nel sostegno a una destra che promette loro sicurezza.

Più che di un vento di destra che soffia sull’Europa, non conviene dunque parlare di un grande deficit d’offerta politica da parte della sinistra?