Ump: un'eredità quasi impossibile. Dev'essere davvero troppo ingombrante l’eredità lasciata da Nicolas Sarkozy per un partito la cui dialettica politica è rimasta anestetizzata per un quinquennio dalla necessità di sostenere compattamente l’azione presidenziale, mascherando una progressiva deriva di continenti interna. Tanto ingombrante che, alla fine, il successore non s’ha da eleggere. La crisi che sta lacerando l’Ump ha cause profonde. La sua interpretazione non può ridursi né al sostanziale pareggio nelle urne, che ha consentito ad ambedue i contendenti di rivendicare la vittoria, né tantomeno a uno scontro di personalità sulla falsariga di quelli che hanno costellato a più riprese gli ultimi quarant’anni di storia della destra francese (dal 1972, anno in cui Georges Pompidou congeda Jacques Chaban-Delmas sostituendolo a Matignon con Pierre Messmer) quando si è trovata a dover individuare il proprio portabandiera.

Lo scontro fratricida tra François Fillon e Jean-François Copé si spiega anzitutto con la frattura ideologica che si è progressivamente scavata all’interno dell’Ump e che è emersa alla luce del sole all’indomani della partenza di Sarkozy dall’Eliseo. Messa in soffitta la storica tripartizione teorizzata da René Rémond, la destra francese appare ormai sospesa a metà strada tra il nobile passato gollista e un futuro elettorale condizionato dalla progressiva ascesa del Front national. In questo scenario Copé (che pure ha tra i più autorevoli alleati colui che per primo ha criticato la “svolta a destra” attuata da Sarkozy nella recente campagna presidenziale: Jean-Pierre Raffarin) rappresenta l’erede “radicale” di Sarkozy, e incarna una destra rampante, ideologicamente abbeverata alle fonti del pensiero neoconservatore. Fillon appare al contrario come il portabandiera di una destra morale, ancorata nella tradizione moderata francese e decisamente più consensuale. Dopo una settimana di accuse reciproche, seguite al voto, domenica 25 novembre si è svolta una tappa decisiva di questo psicodramma politico: il tentativo di mediazione tra le parti offerto dal padre nobile dell’Ump, Alain Juppé, è naufragato miseramente, dopo essere divenuto esso stesso oggetto di divergenze (se Fillon aveva completamente accettato le condizioni poste dal sindaco di Bordeaux per la conciliazione, Copé si è fatto scudo dietro gli statuti dell’Ump per preservare la vittoria).

Nulla ormai lascia intravedere la possibilità di una conciliazione. L’ipotesi più probabile – per quanto inedita nella storia francese (l’unico partito che, negli ultimi vent’anni, abbia subito una vera e propria scissione è il Front national nel 1998) – è quella della scissione. La vecchia Ump, alleanza gollista, liberale e democristiana fondata da Juppé, difficilmente riuscirà ad andare oltre il decimo compleanno, festeggiato recentemente. Il pallino è ora nelle mani di Copé, che pare intenzionato ad affidarsi alla lettera dello statuto e, soprattutto, alla commissione interna del partito (presieduta da un suo fedelissimo, Yanick Pateronotte) incaricata di convalidare i risultati. Come ampiamente annunciato, Fillon non accetterebbe un simile verdetto, pronunciato da una istanza di cui non riconosce la legittimità, e intende ricorrere alla giustizia per ristabilire la “verità dei risultati”. A quel punto la scissione sarebbe pressoché inevitabile. Almeno un centinaio di parlamentari potrebbero seguirlo nella costituzione di nuovi gruppi all’Assemblea nazionale e al Senato, dimostrando come Copé, capo di una Ump radicalmente appiattita a destra, sia una figura incapace di tenere insieme il proprio campo e tantomeno di affrontare il candidato della sinistra nel 2017. Se, dal canto suo, l’attuale presidente dell’Ump sembra convinto di superare la crisi in maniera ancora più rapida di quella che aveva opposto all’inizio degli anni Novanta i sostenitori di Chirac a quelli di Balladur, l’opinione pubblica sembra non apprezzare la guerra intestina al partito: in un sondaggio pubblicato domenica 25 novembre sul “Journal du Dimanche” il 71% dei francesi e il 67% dei simpatizzanti dell’Ump ritiene “auspicabile” organizzare una nuova consultazione. In termini di popolarità, tra i simpatizzanti Ump, Fillon è sceso dal 90% di inizio novembre all’86% attuale, mentre Jean-François Copé è vistosamente precipitato dal 76% al 55%.

Dietro le quinte resta, ingombrante, la figura di Sarkozy che, oltre a rappresentare la principale ragione di questa guerra intestina, rischia di uscirne da trionfatore. È lui che ha oltrepassato, in occasione della campagna presidenziale del 2012, le colonne d’Ercole della destra repubblicana, dialogando con l’Fn e abbandonando la formula che lo aveva fatto trionfare nel 2007, quando era riuscito a riconciliare il centro con la destra popolare. Pensionato pro tempore della politica, Sarkozy ha tutto l’interesse a lasciare dissanguare il partito in questa impossibile guerra di successione. In una situazione del genere è prevedibile che le prossime scadenze elettorali (a partire dalle municipali del 2014) si risolveranno in un fiasco per la destra, facendo di Sarkozy il salvatore del partito, nonché l’unico candidato credibile quando si tratterà di individuare l’avversario di Hollande all’Eliseo. 

 

[L'articolo riprende, con alcune lievi modifiche, quello pubblicato sul sito del Centro Studi Progetto Europeo]