Uno su sessanta. Questa è la straordinaria - e per molti versi sconcertante - proporzione fra i cittadini che hanno accettato di candidarsi in una delle trentaquattro liste (sedici candidati sindaci) scese in lizza ad Alessandria e coloro che hanno diritto al voto. Esiste una relazione fra questa ondata di clamorosa partecipazione elettorale e il malcontento che da tempo traspare pur dalla natura grigia e schiva degli alessandrini? Forse sì, ma la questione potrebbe essere ben più intricata. Non entreremo nella ricostruzione delle complicate geografie politiche o nelle geometrie degli accordi espliciti, impliciti e probabili. Risulterebbe in ultima analisi noioso. Concediamoci al contrario una leziosa distinzione fra malcontenti e scontenti. Mentre il malumore dei primi è una conseguenza più o meno diretta del grado di disillusione della Politica, quello dei secondi è connesso a una insoddisfacente collocazione personale entro gli equilibri della politica locale.

La schiera dei primi sarebbe quindi formata da cittadini che non ne possono più di una politica locale (e non solo) deludente e tutto sommato inconcludente. La formazione di questo esercito del malumore ha origini lontane ad Alessandria. Ritornando indietro di dieci anni alla fine del dominio durato due legislature di Francesca Calvo – Sindaco leghista che aveva attirato passioni forti nel bene e nel male –si respirò un clima di rinnovamento quasi epocale. La convincente vittoria di Mara Scagni (per tutti: Mara) alla guida di un’ampia coalizione di centro-sinistra fu carica di molte aspettative, ma la luna di miele con la città si interruppe relativamente presto e Mara divento “la Scagni”. Fu un chiaro segnale di un progressivo distacco fra il palazzo e la città.

Il Sindaco oggi in carica, sostenuto da una coalizione di centro-destra, proprio sulla ricostruzione di un rapporto diretto con gli alessandrini giocò molta parte della sua campagna elettorale cinque anni dopo e vinse con significativo distacco. Molto è stato investito dall’attuale Giunta nel costruirsi una immagine dinamica e orientata al futuro, ma anche in questo caso qualcosa sembra non aver funzionato. Da più parti, negli ultimi due anni, si sono levate voci di condanna per vicende più che chiacchierate: alienazioni ambigue, cattiva gestione del Teatro Comunale (ora chiuso in seguito a un grave incidente) e addirittura legami di alcuni membri della maggioranza con la criminalità organizzata. Alla fine si è arrivati alla clamorosa bocciatura del bilancio comunale da parte della Corte di Conti. Il popolo degli malcontenti ha condannato, è sceso in piazza a manifestare con fiaccolate, ma non si è mai organizzato attraverso canali politici tradizionali. Anche il dissenso di sinistra, che forse poteva raccogliere i frutti di questa situazione, si è frammentato in mille rivoli e formazioni più o meno “civiche”, spesso in seguito a liti violente al vertice locale dei partiti. Persino le primarie hanno diviso ulteriormente, a dire il vero non solo ad Alessandria.

Fra queste mille tonalità del grigio alessandrino – colore simbolo della città – può esserci la “casa” dei malcontenti? Forse in parte. A ben vedere nelle trentaquattro liste e fra i sedici candidati sindaci, troviamo volti piuttosto noti del panorama politico locale mescolati a quelli di simpatici sconosciuti. È lecito chiedersi chi trarrà il maggior vantaggio da questo panorama atomizzato? Una ipotesi: forse proprio gli scontenti che vogliono far valere il proprio peso elettorale al secondo turno per ottenere qualcosa di meglio. Non vogliamo liquidare la questione frettolosamente. C’è chi ha chiarito che in ogni caso non si apparenterà con nessuno dei due candidati che rimarranno in lizza al probabile ballottaggio, c’è chi coraggiosamente ha marcato posizioni chiare di distacco dagli scontenti e ci sono liste fatte di soli volti nuovi. Permane tuttavia la sensazione che il vero  partito dei malcontenti sia quello astensionista. Alcuni prevedono una avanzata significativa del Movimento Cinque Stelle e non a caso attendiamo i colpi di ingegno di una chiusura spettacolare della campagna con Beppe Grillo ad Alessandria venerdì sera. In ultima analisi, però, in una situazione così articolata fare qualsiasi previsione è pressoché impossibile e anche le grandi questioni nazionali si perdono nei quasi mille volti sui tabelloni. Tutti gli alessandrini corrono il rischio di avere almeno un paio di amici candidati in liste differenti. Troppi aghi per una sola bilancia. Certo astensionismo e frammentazione non promettono nulla di buono per un saldo governo futuro della città.